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Recensione da "Voce Giuliana"

"FRATELLI D'ISTRIA. 1945/2000 . ITALIANI DIVISI"

di Guido Rumici – Mursia Editore – 2001 –pp. 216

La storia degli Italiani dell'Istria negli ultimi cinquant'anni è un argomento sul quale molto poco si è scritto sia di qua che di là del confine che ha diviso la Venezia Giulia dopo il trattato di pace del 1947. E' la storia delle genti che abitavano sul confine orientale d'Italia e che vennero divise, alla fine del secondo conflitto mondiale, da laceranti scelte politiche, nazionali ed ideologiche, in conseguenza dell'occupazione delle loro terre da parte delle truppe partigiane del maresciallo Tito.
Questa storia ci viene raccontata dal prof. Guido Rumici nel suo libro “Fratelli d'Istria. Italiani divisi”, uscito da poche settimane e pubblicato dalla casa editrice Mursia di Milano nella collana “testimonianze fra cronaca e storia”. E' un libro nuovo che esamina in modo oggettivo il presente e guarda al futuro, non dimenticando nel contempo il passato, di cui l'autore descrive fatti e misfatti degli ultimi cinquant'anni.
E furono anni difficilissimi quelli del dopoguerra per gli Italiani dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia che si trovarono a pagare il prezzo di una guerra perduta dall'Italia davanti ad un popolo, quello jugoslavo, che aveva ottenuto buona parte dei territori ai quali aspirava.
Rimase in sospeso la questione di Trieste e del suo Territorio Libero, che si trascinò fino al 1954 quando venne sancita la spartizione tra la zona A e la zona B, poi confermata dagli accordi di Osimo del 1975. “Per una gran parte degli abitanti della Venezia Giulia”, scrive l'autore, “il cambio di sovranità fu traumatico e portò all'esodo di una frazione consistente della popolazione”.
La maggioranza degli abitanti, circa 350.000 persone, scelse la via dell'esilio e decise di abbandonare i propri paesi ed i propri beni per fuggire da un regime, quello del maresciallo Tito, che si rivelava essere minaccioso e vessatorio verso chiunque non se ne fosse schierato apertamente a favore.
L'autore descrive i motivi che provocarono l'esodo dei giulianodalmati:
“Molteplici ne furono le cause: il passaggio ad un regime di stampo comunista comportava infatti tante e tali differenze nel modo di vita sul piano economico, politico, sociale, amministrativo, religioso e culturale, che moltissime persone preferirono perdere tutto ciò che possedevano pur di fuggire da una realtà percepita come ostile e pericolosa”.
L'elenco delle sofferenze e delle persecuzioni è lungo e doloroso e il Rumici sottolinea il clima di tensione e di sospetto nel quale la gente viveva: “Bastava pochissimo, spesso una semplice delazione anonima, per essere bollati come nemici del popolo e quindi soggetti ai poteri popolari”.
E queste vessazioni durarono a lungo tanto che “cittadini comuni, commercianti, artigiani, dipendenti comunali e statali, insegnanti, imprenditori e professionisti subirono angherie e abusi di ogni genere, patendo il capestro della cosiddetta giustizia popolare con processi farseschi e condanne spesso spropositate e del tutto immotivate.”
Se la maggioranza della popolazione lasciò la propria terra, ci furono però anche coloro che rimasero, volenti o nolenti e che assistettero alla snazionalizzazione dell'Istria e di Fiume, attuata dal regime di Tito nel volgere di pochi anni.
Le motivazioni di coloro che rimasero, molteplici e variegate nelle loro tante sfumature, vengono ben descritte dall'autore nel capitolo terzo del volume dal quale si arguisce che “la scelta di restare fu determinata dalla sommatoria di più fattori (…) Molti restarono per una precisa scelta ideologica e di campo, giacchè si sentivano comunisti, socialisti o semplicemente antifascisti” sperando “di realizzare quegli ideali in cui credevano”.
“Ma c'erano persone “legate significativamente al proprio lavoro, alla propria campagna, ai propri familiari e cari, per le quali era più importante restare nel proprio paese (…) indipendentemente dal fatto che l'Istria fosse rimasta italiana o fosse divenuta jugoslava”.
Il prof. Rumici racconta e descrive analiticamente fatti ed episodi della storia di questi Istriani che rimasero ad abitare nella Jugoslavia di Tito e le problematiche che accompagnarono la loro vita nell'intero dopoguerra: i problemi politici e sociali, le tristi condizioni economiche in cui, per lungo tempo, versarono l'Istria e Fiume e, non ultimo, il problema delle scuole italiane che vennero prima boicottate e poi, spesso, chiuse dal regime jugoslavo.
Il tutto viene accompagnato da una ricca documentazione allegata con testimonianze, cronologia dei fatti più importanti, testi diplomatici, significative fotografie dell'epoca e numerose tabelle e grafici che evidenziano la consistenza numerica e l'ubicazione degli Italiani dell'Istria nelle varie fasi degli ultimi Cinquant'anni.
Un libro ricco di dati e di notizie interessanti, scritto in modo molto scorrevole, che permetterà anche al lettore non ferrato dell'argomento di farsi un'idea realistica di cosa sia stata e di cosa sia oggi l'Istria.
Si tratta quindi di un lavoro tutto da leggere e da diffondere, che contribuirà a fare luce su un periodo buio della storia d'Italia e, in particolare, su un tema colpevolmente sconosciuto al di fuori del ristretto gruppo di coloro che vissero quel periodo.

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